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IL PARADOSSO DI TORRI: "DOPING INVINCIBILE, DA LEGALIZZARE SE NON DANNEGGIASSE LA SALUTE"

06-10-2010 - News generiche
ROMA - Se il doping è un tumore, quello che affligge il ciclismo è un cancro quasi allo stato terminale. Lo provano le recenti vicende doping dello spagnolo Contador, alle prese con la tempesta mediatica scatenatasi dopo la sua positività (cLembuterolo, una sostanza con forte azione anabolizzante, per questo vietata) al Tour del France. Che però a fare professione di impotenza di fronte a questo fenomeno arrivato da tempo anche alle categorie giovanili e amatoriali nell´indifferenza dei più (comprese strutture e istituzioni cui spetterebbe il compito di effettuare controlli e interventi che invece sono assolutamente assenti: vedi la penuria di test alla base del movimento ciclistico) sia l´uomo che più di altri ha l´ingrato compito di combatterlo, lascia un po´ sconcertati. Il capo della Procura del Coni, Ettore Torri, in un´intervista all´agenzia AP si dice convinto che tutti i ciclisti facciano uso di sostanze vietate. E fin qui non scopre nulla di inedito. Ma il doping, secondo l´ex magistrato, sarebbe invincibile, e dunque andrebbe legalizzato se non fosse dannoso per la salute degli atleti. Un´affermazione paradossale, ma che suona male sulla bocca di chi è stato ed è ancora meritoriamente in prima linea nella lotta al fenomeno."Non sono l´unico che lo dice", ha spiegato Torri all´Associated Press parlando della diffusione di sostanze e metodi vietati, "ultimamente tutti i ciclisti che ho interrogato hanno detto che tutti si dopano". Una dichiarazione amara che suona a condanna definitiva per uno sport, il ciclismo, che è certamente più a rischio di altri, ma che, rispetto ad altri è sicuramente indagato più a fondo. Secondo Torri se il doping non fosse dannoso per la salute degli atleti una soluzione possibile, per non configurare ingiustizie, sarebbe la legalizzazione: "Non c´è giustizia quando si trova un atleta su cento". Un paradosso, ovviamente, ma che da una parte sottolinea la gravità del fenomeno e dall´altra la mancanza di strumenti adeguati per affrontarlo, anche se negli ultimi tempi sono stati fatti importanti passi avanti. Ma - ecco il nocciolo del problema - a chi spetta il compito di trovare mezzi e strumenti adeguati? L´antidoping dello sport italiano, pur essendo fra i più determinati ed efficaci del mondo, è puntato in larghissima percentuale sulle categorie di vertice. Fa notizia solo quando riguarda atleti di nome e di peso (vedi il caso Contador); ma una vera politica antidoping alla base del movimento sportivo è ancora di là da venire. Fa dunque un certo effetto sentire il capo della Procura che dice: "Più lavoro in questo campo e più mi meraviglio della diffusione del doping. Non credo che il doping verrà estirpato". Anche perché, fuori dai confini del paradosso, sembra instillare rassegnazione. Torri negli anni ha condotto numerose indagini su ciclisti alle prese con problemi di doping da Ivan Basso, a Danilo Di Luca e Riccardo Riccò, ora ci dice che il doping è invincibile "Per il semplice fatto che si evolve continuamente. Escono sempre nuove sostanze sulle quali non esistono controlli". Ma si tratta di una considerazione un po´ datata. E proprio perché è già difficilissimo controllare le centinaia di sostanze e pratiche dopanti attuali, tantomeno quelle che vengono continuamente scoperte che è stato lanciato il famoso passaporto biologico. Strumento validissimo, sulla cui efficacia tutti concordano salvo poi fare poco o niente perché sia adottato in un sistema veramente "terzo" (cosa che non è attualmente) e su fasce di sportivi sempre più ampie. Torri chiarisce la sua provocazione sul doping da liberalizzare affermando che "non c´è giustizia quando su 100 ciclisti ce ne sono 99 che si dopano senza subire conseguenze". In merito alla diffusione del doping afferma che la piaga della scorciatoia farmacologica "continuerà ad esistere fino a quando il doping sarà un´opzione economicamente fattibile". Poi l´accusa ai preparatori: "sono bravissimi nel loro lavoro e sono in grado di prescrivere il necessario per rimanere al di sotto della soglia del doping", che ha inoltre invitato l´agenzia mondiale antidoping a semplificare il passaporto biologico. "In qualche caso", ha osservato, "la complessità dei regolamenti favorisce gli atleti incolpati". Parlando dello scandalo che rischia di distruggere la carriera e la credibilità di Contador, l´ex magistrato ha ricordato come il Coni sia stato "il primo ad attaccare il sistema spagnolo, che era una torre inattaccabile. Contador può imputare la sua positività alla carne che ha mangiato ma non basta, deve dimostrarlo".
La scorsa settimana torri ha appreso la notizia del rinvenimento di 50 pillole sospette nell´abitazione di Riccò, presunto astro nascente del ciclismo italiano già squalificato per doping. Il corridore emiliano, stangato dopo la sua positività all´epo-cera nel Tour de France, si era attirato nuovi sospetti in seguito all´arresto, avvenuto lo scorso mese, di Enrico Rossi (attualmente ai domiciliari), suo cognato ed ex compagno di squadra nella Ceramica Flaminia. Sempre la scorsa settimana il Coni, attraverso il Tribunale Nazionale Antidoping, ha inibito per quattro anni la sorella di Basso, Elisa, riconosciuta responsabile di traffico di doping. Un quadro inquietante, visto che Elisa Basso è la moglie di Eddy Mazzoleni, ciclista ugualmente coinvolto in vicende di doping. "Si chiama doping di famiglia", ha detto Torri scuotendo la testa, "è incredibile". Se le pillole trovate in casa di Riccò dovessero comprendere prodotti vietati l´emiliano rischia una squalifica a vita per recidiva. "Vedremo quali spiegazioni fornirà. Può sempre dimostrare che erano per la nonna. C´è sempre una nonna, un filetto o chissà cos´altro", ha detto Torri scherzando.



Fonte: sportpro.it
 

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